
A cura di Edoardo Mocini
Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
Affrontare lo stigma e le semplificazioni per migliorare il benessere e la salute.
Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche
L'obesità è una condizione complessa e multifattoriale, che rappresenta una sfida significativa sia per la salute pubblica che per quella individuale. Sebbene spesso venga ridotta a una questione di alimentazione e attività fisica, essa è in realtà il risultato di una rete intricata di interazioni tra fattori biologici, genetici, ambientali, sociali e psicologici. Tra questi ultimi, gli aspetti psicologici giocano un ruolo cruciale, ma devono essere affrontati senza semplificazioni riduttive o stigmatizzanti. Questo articolo esplora le cause psicologiche dell’obesità, il ruolo dello stigma e come le terapie possano aiutare non solo a migliorare la salute fisica, ma anche quella mentale e sociale.
L’obesità non può essere compresa attraverso una lente semplicistica. Ridurre questa condizione a un "fallimento personale" è un approccio non solo errato, ma dannoso, che ostacola una comprensione più ampia e rispettosa del fenomeno. Allo stesso modo, attribuire all’obesità una sola causa – che sia psicologica, biologica o ambientale – è una semplificazione che ignora la complessità di questa condizione. Gli aspetti psicologici, infatti, non devono essere considerati isolatamente o in modo unidirezionale. Esistono molteplici fattori psicologici che possono fungere sia da cause che da conseguenze dell’obesità, spesso in un rapporto bidirezionale. Per esempio, le difficoltà nella regolazione emotiva possono spingere alcune persone a utilizzare il cibo come strategia per gestire emozioni negative come ansia, stress o tristezza. Questo comportamento, noto come “emotional eating”, può avere radici profonde, spesso legate all’infanzia, quando il cibo veniva utilizzato come forma di conforto o ricompensa.
Sul piano neurobiologico, il consumo di cibi ipercalorici stimola i circuiti dopaminergici del cervello, producendo un piacere simile a quello indotto da alcune dipendenze. Tuttavia, con il tempo, questa stimolazione ripetuta può portare a un bisogno crescente di cibo per ottenere lo stesso effetto gratificante, innescando un ciclo difficile da interrompere.
Un aspetto particolarmente importante riguarda il modo in cui vengono concepite le terapie psicologiche nel trattamento dell’obesità. Troppo spesso, queste sono viste esclusivamente come strumenti per favorire il dimagrimento. Questo approccio, oltre a essere limitante, rischia di perpetuare una visione stigmatizzante, in cui il valore di una persona è subordinato alla conformità a uno standard di magrezza. In realtà, le terapie psicologiche dovrebbero essere un’opportunità per migliorare la qualità della vita dei pazienti, indipendentemente da eventuali cambiamenti ponderali. Attraverso il supporto psicologico, le persone possono sviluppare un rapporto più sano con il cibo, migliorare la regolazione emotiva, rafforzare l’autostima e affrontare con maggiore resilienza lo stigma sociale.
Un punto delicato, spesso dibattuto, è come si concilia il contrasto alla cultura della dieta con la necessità, per alcuni pazienti, di perdere peso per motivazioni cliniche, in quanto affetti da obesità. Questa questione è complessa e non ha una risposta univoca nemmeno tra esperti e attivisti. Dal mio punto di vista, l’aspetto fondamentale è mettere sempre al centro il paziente, assicurandosi che l’approccio terapeutico sia guidato dal rispetto per i suoi valori e desideri, e non da pressioni estetiche o sociali. L’obiettivo principale deve essere quello di migliorare la qualità della vita, intesa come salute fisica, mentale e sociale. La perdita di peso, quando necessaria, può essere un mezzo per raggiungere questo scopo, ma non dovrebbe mai diventare l’unico criterio per valutare il successo di un percorso terapeutico.
Affrontare gli aspetti psicologici dell’obesità richiede dunque un approccio olistico e multidisciplinare, che riconosca l’interazione complessa tra corpo e mente, evitando di colpevolizzare chi vive con questa condizione. Interventi come la terapia cognitivo-comportamentale possono essere particolarmente utili per sviluppare strategie efficaci di gestione dello stress e delle emozioni. La vera sfida non è solo affrontare il peso corporeo, ma anche smantellare i pregiudizi e le narrazioni tossiche che limitano il benessere delle persone con obesità.
Solo attraverso un approccio integrato e inclusivo sarà possibile promuovere una visione più completa di questa condizione, offrendo alle persone il rispetto e il supporto che meritano.
L’obesità è una condizione complessa che richiede interventi sensibili, rispettosi e personalizzati. Contrastare lo stigma e le narrazioni riduttive è fondamentale per permettere alle persone con obesità di vivere una vita piena, autentica e coerente con i propri valori. Sia che la perdita di peso sia un obiettivo clinico o meno, l’obiettivo ultimo deve essere sempre il benessere complessivo, fisico e mentale dei pazienti.
Codice aziendale IT24SEMO00109. I contenuti di questo sito sono esclusivamente a scopo informativo e non sostituiscono il parere di un medico.