Ilaria Messuti
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli Studi di Torino
Cosa cambia, perchè è importante e quali sono le prospettive future
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli Studi di Torino
L’obesità è una malattia cronica complessa e multifattoriale, che colpisce milioni di persone nel mondo. È stata inclusa per la prima volta nella Classificazione Internazionale delle Malattie già a partire dal 1948, anche se l’attestazione che fosse una patologia è passata per decenni pressochè inosservata.
L’equivoco che l'obesità fosse una scelta di stile di vita, legata a una forma di pigrizia e che potesse essere risolta semplicemente esercitando maggiore forza di volontà si è radicato nella società generale e, purtroppo, anche in gran parte dei professionisti in ambito sanitario.
Tuttavia negli ultimi 25 anni, e in particolare nell'ultimo decennio, è aumentato costantemente il riconoscimento che l'obesità non è solo un fattore di rischio per altre malattie come il diabete di tipo 2, ma è una patologia a sé stante.
Nel 1997 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto l'obesità come una patologia cronica. L’esempio è stato seguito con ritardo dalle singole nazioni, raggiungendo l’Italia nel 2019.
Nel marzo del 2021, anche la Commissione Europea ha emesso un documento in cui ha definito l'obesità come una "malattia cronica recidivante, che a sua volta funge da porta d'ingresso per una serie di altre malattie non trasmissibili".
L'obesità è considerata una patologia cronica per diversi motivi legati alla sua natura e all'impatto che ha sul nostro organismo. Ecco i punti principali:
In sintesi, l'obesità è una patologia cronica perché tende a persistere nel tempo, può causare cambiamenti permanenti e comporta rischi di salute a lungo termine.
La sua gestione richiede impegno continuo e, spesso, interventi multi-disciplinari.
Sin dagli anni 80, in molti Paesi del mondo, l’obesità è divenuta una vera e propria epidemia interessando centinaia di milioni di individui. Il Global Burden of Disease (GBD) Obesity Collaborations nel 2017 ha stimato la presenza di obesità in un totale di circa 603 milioni di adulti, con il raddoppio della prevalenza di questa patologia tra il 1980 e i giorni nostri.
Sulla base di queste stime, è progressivamernte cresciuta l’attenzione per il carico di malattia che l’obesità comporta, in quanto quasi 4 milioni di morti all’anno sono state associate all’obesità e di queste più di due terzi attribuibili a cause cardiovascolari.
L'obesità può aumentare il rischio di molte altre patologie non trasmissibili, inclusi tumori, malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e malattie respiratorie croniche. Si è anche osservato che le persone con obesità hanno un aumentato rischio di complicanze e mortalità nel caso di infezioni delle vie respiratorie, inclusa la recente infezione da SARS-CoV-2.
Il riconoscimento che l’obesità sia una patologia complessa, cronica e recidivante ha diversi risvolti. Sicuramente il primo risvolto è di tipo politico ed economico: la maggior parte dei paesi, a cominciare da tutti gli Stati Membri dell’unione Europea, presenta un programma definito e delle leggi apposite per affrontare le “Malattie Croniche Non Trasmissibili” in maniera sistemica, coordinando gli investimenti nella ricerca, nella prevenzione primaria, nella diagnosi, nel trattamento e nella gestione a lungo termine. L’obiettivo è quello di garantire un accesso equo ai trattamenti, un approccio basato su evidenze scientifiche, il potenziamento dell'accesso alle cure primarie oltre che specialistiche.
Il secondo risvolto è invece di tipo sociale: riconoscere l’obesità come malattia multifattoriale è il primo passo per porre fine allo stigma, ai pregiudizi e alle discriminazioni legati al peso corporeo.
Nonostante tutte queste evidenze, per molti anni l'obesità ha faticato a essere considerata come una malattia anche in campo scientifico, ma piuttosto veniva, e viene ancora oggi, considerata come una condizione legata a errate scelte individuali.
Riconoscere l’obesità come malattia cronica rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale per diverse ragioni, che toccano sia il piano medico-scientifico sia quello sociale ed emotivo.
Il punto di partenza fondamentale è il cambiamento di prospettiva sul controllo e sulla responsabilità nei confronti di questa patologia. Trattarla come una malattia cronica sposta l'attenzione dalla semplice responsabilità individuale alla comprensione delle cause biologiche e genetiche, nonché dei fattori ambientali, psicologici e sociali che la alimentano.
Inoltre, questo riconoscimento porta alla consapevolezza che tale condizione richieda trattamenti medici continui, simili a quelli per altre malattie croniche come il diabete o l'ipertensione. Si aprono quindi le porte per incentivare una maggiore ricerca, migliorare l'accesso ai trattamenti adeguati e promuovere l'adozione di approcci terapeutici più personalizzati e mirati.
Infine, tale definizione spiana la strada per il superamento dello stigma sociale, che notoriamente si accompagna all’obesità, promuovendo un ambiente più inclusivo e compassionevole.
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