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L’obesità come patologia cronica Come concettualizzare correttamente l’obesità

5 min. tempo di lettura
Menopausa e metabolismo
 Cosa cambia davvero?
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Edoardo Mocini

Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dottore di Ricerca in Scienze Endocrinologiche 

 


Introduzione

L'obesità è una patologia cronica. Questa affermazione, pur essendo ampiamente supportata dalla letteratura scientifica, continua a essere fraintesa nelle sue implicazioni pratiche. Molte persone, compresi professionisti sanitari e pazienti, concepiscono ancora l'obesità come una condizione transitoria, affrontabile con un periodo limitato di restrizione alimentare e di esercizio fisico. In realtà, come accade per altre patologie croniche, il trattamento dell'obesità richiede una gestione continuativa e a lungo termine. L'idea che una dieta possa risolvere definitivamente la questione non solo è errata, ma alimenta il ciclo del fallimento e della ripresa del peso, con conseguenze negative sulla salute e sul benessere delle persone.

Pensare che l'obesità sia semplicemente il risultato di scelte errate nello stile di vita, lo sappiamo, significa ignorarne la natura complessa e persistente. L'organismo umano è programmato per opporsi alla perdita di peso, attraverso meccanismi neuroendocrini che favoriscono il recupero dell'adipe quando le riserve energetiche diminuiscono. Questo fenomeno spiega perché, dopo un periodo di restrizione calorica, molte persone recuperano il peso perso, spesso con interessi.
Anche concettualizzare l’obesità come patologia acuta e non cronica però, ci porta fuori strada e danneggia il paziente nel suo percorso di cura. Se consideriamo il trattamento dell'ipertensione, ad esempio, nessuno si aspetterebbe che un paziente possa risolvere definitivamente il problema assumendo un farmaco per sei mesi e poi interrompendolo.

Lo stesso principio si applica all'obesità: qualunque sia la strategia adottata, essa deve essere mantenuta nel tempo per essere efficace.

Melissa Cutini

L'industria delle diete ha contribuito a diffondere l'idea che l'obesità sia una condizione correggibile con interventi a breve termine, quindi con un “protocollo” da seguire per un breve periodo di tempo, per poi ritornare alla propria vita precedente. Questo non tiene conto della realtà biologica e clinica della patologia. Anche quando una persona riesce a perdere peso attraverso la sola modifica dello stile di vita, il mantenimento di queste nuove abitudini è estremamente difficile nel lungo periodo.

La cronicità dell'obesità impone che ogni trattamento, sia esso basato sulla dieta, sull'attività fisica, sullo stile di vita in generale, sui farmaci o sulla chirurgia bariatrica o su una combinazione di tutte queste cose, sia concepito come una gestione a vita e non come una fase transitoria.

Negli ultimi anni, le terapie farmacologiche hanno mostrato una crescente efficacia nel controllo del peso corporeo, aiutando a mantenere la perdita di peso e a ridurre le complicanze metaboliche. Tuttavia, anche in questo caso, è fondamentale riconoscere che la sospensione della terapia porta quasi sempre alla ripresa del peso. Non perché il paziente abbia "fallito", ma perché la patologia sottostante non è stata eliminata, ma solo controllata.

Questo aspetto è fondamentale per abbattere il pregiudizio secondo cui la volontà personale sarebbe sufficiente a garantire il mantenimento del peso perso.

Conclusione

L'obesità è una malattia cronica che richiede un approccio terapeutico continuativo, proprio come altre condizioni metaboliche come il diabete o l'ipertensione. Trattarla come una condizione temporanea porta a fallimenti ripetuti e a una frustrazione diffusa tra i pazienti, con impatti negativi sulla loro salute fisica e mentale.

Solo adottando un paradigma che riconosca la necessità di strategie di gestione a lungo termine sarà possibile migliorare realmente la qualità della vita delle persone con obesità, fornendo loro strumenti efficaci e realistici per il controllo della patologia.

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